Le mie idee per i giovani. Perché non studiare musica fino alla Maturità?
Il maestro: giro il mondo, ma sento il privilegio di essere italiano
– di Paolo Di Stefano | 28 marzo 2021
Certo che a vederlo così assorto e severo sul podio, cioè in quello che ha definito un’isola di solitudine, a tutto si pensa tranne che all’uomo impegnato nel vivo della cultura italiana. Anche in nome della sua sensibilità civile, ieri Riccardo Muti ha ricevuto la cittadinanza onoraria del Comune di Palermo. Le motivazioni lette dal sindaco Leoluca Orlando nell’Aula consiliare, presente il ministro Dario Franceschini in streaming, parlano dell’«impegno profuso nel diffondere i valori della pace e della comunione tra i popoli attraverso il linguaggio universale della musica.» E fanno riferimento alle tante iniziative di cui Muti è protagonista, dall’Orchestra Cherubini, fondata nel 2004 e composta di giovani strumentisti, alla regolare presenza nei luoghi simbolo della storia con il progetto Le vie dell’amicizia di Ravenna Festival.
«Impiegherò i miei ultimi anni a combattere per avere un Paese con tante orchestre in regioni come la Lucania, la Puglia, l’Abruzzo, il Molise, l’Umbria, la Sicilia, e per dare un futuro alle migliaia e migliaia di giovani pieni di entusiasmo e di slancio», ha detto Muti, facendo un appello all’«uomo di cultura» Draghi perché i conservatori non rimangano fabbriche di disoccupati e di illusi. E ha accennato alla beffa di un Paese come il nostro che non riesce a essere orgoglioso della sua illustre tradizione musicale.
Temi di cui continua a parlare anche nell’intervista al Corriere della Sera, partendo proprio da Palermo, dove stasera, al Teatro Massimo, dirigerà il Requiem di Verdi, ovviamente senza pubblico, ma disponibile online: «Abbiamo reso possibile l’impossibile – dice -, perché il teatro è fonte viva e sentire il pubblico in sala è necessario… È stato stupendo ritornare nel mio Sud glorioso e in questa città piena di storia, di arte e di artisti, non solo quelli dell’orchestra ma i giovani che si formano al Massimo e che ho ascoltato con grande ammirazione nella Ouverture Egmont di Beethoven».
Qui Muti ha ritrovato qualcosa della sua infanzia, la folgorazione per Federico II, imperatore di Svevia. «Appena ho potuto, – dice – sono andato in cattedrale a porgere omaggio al sarcofago di porfido di Federico. Da bambino, visitando Castel del Monte, sono rimasto molto colpito da quella specie di corona piovuta dal cielo su uno dei colli più alti delle Murge. Da allora la grande ammirazione per Federico mi ha sempre accompagnato, al punto di suggerirmi di comperare un pezzo di terreno con piccoli trulli che lì si chiamano “casedde”: lì passo i miei momenti di riposo, cercando di decifrare il mistero di quel castello, e lì andrò quando terminerò di dirigere. In maggio la campagna si riempie di piccole orchidee selvatiche». Il Maestro ricorda anche il profumo di zagara da cui con grande sorpresa fu avvolto tanti anni fa quando scese da un aereo a Catania. «Come vede, parlo di arte, di natura, di architettura: tutte cose magnifiche di un Paese verso cui gli altri spesso provano il gusto perverso di sottolineare gli aspetti negativi. In questi giorni, qualcuno al di là delle Alpi si è permesso persino di dare a Dante del plagiatore… Io giro il mondo, ma sento l’orgoglio e il privilegio di essere italiano».
Eppure, non mancano seri motivi di rimprovero (e forse anche di sconforto) verso il nostro Paese: «A Chicago, dove dirigo una delle più grandi orchestre del mondo, ho incontrato tantissimi “cervelli” italiani, scienziati, ricercatori, medici… Anche ai nostri giovani musicisti non resterebbe altro che emigrare, ma trovano una situazione ancora più grave perché la competizione è enorme ovunque, in Russia, in Cina, in Corea, in America, dove ci sono molti teatri. E così centinaia di diplomati di valore si trovano come navi di fronte a un piccolo porto in cui non possono entrare, costretti a restare in alto mare».
Il conservatorio di Palermo da solo ha 1.200 allievi: «È un numero che da una parte inorgoglisce, dall’altra preoccupa: mi chiedo cosa faranno questi ragazzi se le orchestre e i teatri sono pochi e se è scarsissima la possibilità di trovare un insegnamento nelle scuole… Ricordo che all’esame di maturità classica sono stato interrogato sul pittore senese Sassetta in storia dell’arte, ma nessuno mi ha mai chiesto chi erano Palestrina, Scarlatti o Salieri… Eppure, l’Italia è il Paese che vanta la tradizione musicale più antica e più illustre all’estero. Ce ne siamo dimenticati?». Forse se ne ricorderanno a Tokyo, dove Muti (dopo aver fatto la seconda tranche del vaccino a Ravenna) volerà il 1° aprile per un corso ai giovani direttori d’orchestra giapponesi: «Insegnare non è una responsabilità solo artistica ma etica, così come passare la vita in un’orchestra. Ricordo sempre ai giovani che “sinfonia” significa suonare e cantare insieme. E poi che la direzione non è saltare sul podio per fare il clown, un esercizio da saltimbanco per una società che vede e non ascolta…».
Paolo Di Stefano, Corriere della Sera, 28 marzo 2021
Foto © Rosellina Garbo – Teatro Massimo di Palermo
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