«Ricordo ancora quella telefonata: mi gelò il sangue»

L’intervista Riccardo Muti
Il 2 dicembre 1923 nasceva a New York la leggendaria interprete greca. Il grande direttore d’orchestra racconta: «É stata un modello unico di cantante-musicista. Quando mi chiamò non disse subito chi fosse. Quella voce unica, e quelle parole, continuano a risuonarmi nella testa»

Luca Della Libera | 28 ottobre 2023

«Maria Callas? Era elettricità pura», ha detto una volta Leonard Bernstein. A cento anni dalla sua nascita – era nata a New York nel 1923 in una famiglia greca – la leggendaria cantante morta a soli 53 anni a Parigi nel 1977, è più viva che mai. A poche settimane dal suo compleanno, il 2 dicembre, il panorama delle celebrazioni è affollato da libri, film, convegni, mostre e concerti dedicati alla “Divina”. A ricordarla ora è Riccardo Mutili maestro è reduce dal trionfale successo della “prima” del Don Giovanni di Mozart al Teatro Massimo, andato in scena l’altro ieri sera con repliche fino al 2 novembre, in una produzione firmata per la regia da sua figlia Chiara.

Maestro, lei ha conosciuto la Callas?
«Solo al telefono, nel 1973, ma ne ho un ricordo magnifico. Io ero al Maggio Musicale Fiorentino e dovevo dirigere il Macbeth di Verdi. Il mio sogno era di averla in quella produzione, ma sapevo che lei aveva diradato molto i suoi impegni».

Come ha fatto?
«Ho contattato una persona che conoscevo alla Emi, che ospitava la Callas in Florida».

Racconti.
«In quel periodo negli Stati Uniti, dirigevo anche l’Orchestra di Filadelfia. Una mattina alle nove ricevo una telefonata in albergo. Era lei, ma per
qualche minuto non ha voluto dire il suo nome. La sua voce era bellissima. “Maestro lei conosce il mio nome”, mi diceva divertendosi. A un certo punto si ferma e dice: sono Maria Callas».

E lei?
«Misi è gelato il sangue nelle vene. Ho capito subito che non si trattava di uno scherzo. La sua voce, anche al telefono, era unica, inconfondibile».

E poi?
«Lei ha proseguito dicendo che aveva sentito parlare molto bene di me. Poi, dopo una pausa molto teatrale, ha aggiunto: “È tardi”, con un tono cupo, teatrale, come nella Traviata di Verdi. Queste parole mi risuonano ancora oggi nella testa».

Come l’aveva conosciuta?
«Me ne aveva parlato il mio maestro Antonino Votto (il direttore d’orchestra con il quale la Callas collaborò alla Scala per molti anni, ndr). Lui diceva che al di là delle qualità vocali, la Callas era una professionista assoluta, dava tutta sé stessa, cantando “in voce” a partire dalla prima prova».

«Il palcoscenico della vita l’ha uccisa», ha detto la sua collega Giulietta Simionato. Lei cosa ne pensa?
«La Callas era molto generosa sul palcoscenico, vi riversava tutto quello che aveva dentro: cultura, teatralità, spiritualità. Probabilmente quando si chiudeva il sipario non riceveva abbastanza e non riusciva a riempire quel vuoto che si era creato: tutto ciò che aveva dato con tanta generosità sul palcoscenico non le era restituito».

Quindi?
«Il vuoto, la solitudine. Non dimentichiamo poi che la Callas, nonostante tutti i suoi adoratori durante la sua vita artistica, è morta sola. Si è anche imbattuta in personaggi che l’hanno usata e sfruttata. Questo spiega anche il suo grande bisogno di affetto e di amore. Quando è morta dov’erano quelli in seguito si sono dichiarati suoi amici o confidenti?»

Come mai secondo lei la Callas è stata più idolatrata che amata e la sua fama ha trasceso la sua arte?
«Perché aveva una grande personalità dirompente. In casi come il suo si crea idolatria, ma anche una parte di avversità, rancore, invidia. Il suo incontro con Luchino Visconti ha rappresentato una tappa decisiva nella sua trasformazione in personaggio mediatico».

In che modo?
«Visconti non era solo un grandissimo regista, ma aveva anche uno straordinario senso della bellezza e dell’eleganza in tutte le sue regie e nei suoi film. Lei ha fortemente voluto questa trasformazione, anche fisica, per un senso di disciplina e di sacrificio verso se stessa. A questo punto i suoi ammiratori s’innamoravano di lei non solo come cantante e attrice, ma anche come donna. Basta vedere le sue foto di scena in Traviata alla Scala».

Qual è la sua eredità?
«Lei è stata un modello di cantante-musicista, ha incarnato al meglio la consapevolezza di quanto sia fondamentale lo studio della partitura. Un atteggiamento assolutamente nuovo ai suoi tempi, che ha segnato uno spartiacque nel mondo della lirica. Troppo spesso, ancora oggi i cantanti non hanno questa consapevolezza. C’è dell’altro: attualmente i teatri in linea di massima danno il venti per cento del tempo al direttore d’orchestra e
l’ottanta al regista; i cantanti spesso si lamentano di non avere abbastanza prove per preparare un personaggio. Oggi un’artista come la Callas – che dava la stessa importanza alla musica e all’azione – non accetterebbe mai questa situazione».

Luca Della Libera, Il Messaggero, 28/10/2023

 


 

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