Ascolta le anteprime audio dell’opera di Saverio Mercadante I Due Figaro,
unicamente riscoperta e diretta da Riccardo Muti
qui
Tratto da “Riccardo Muti: Da Mozart a Verdi con rigore ed entusiasmo”
L’apertura della stagione 1988/1989 alla Scala è stata caratterizzata dalla sua produzione del Guglielmo Tell, che è poi stato fissato su videocassetta e, soprattutto, su Compact Disc. Si è trattato di una registrazione live, effettuata direttamente in teatro, nel corso della rappresentazione.
[…] Esistono dei problemi [con la registrazione live]: l’acustica è piuttosto secca e quindi il suono che si ottiene non è eccellente come quello che si può creare nello studio di registrazione, dove tutto può essere calibrato al millimetro quindi bisogna sopportare i sacrifici dell’ascolto di rumori, di passi che si muovono, di cantanti che si avvicinano e si allontanano dai microfoni. Si tratta, indubbiamente, di lati negativi, nel senso della resa sonora. Esiste, però, un importante aspetto positivo: l’esecuzione che si può ascoltare su quel disco è senza trucchi. Quello che si sente è veramente ciò che è avvenuto su quel palcoscenico, in quella determinata occasione. Non ci sono note o passaggi difficili incisi alla mattina, quando tutti sono riposati. L’incisione viene dunque realizzata seguendo il corso dell’opera, con tutti gli imprevisti e le fallacità tipiche di ogni essere umano e le stanchezze che naturalmente subentrano dopo quattro o cinque ore di esecuzione.
Anche l’opera dell’inaugurazione scaligera dello scorso anno, I Vespri Siciliani, è stata registrata dal vivo…
Proprio l’altro giorno stavo ascoltando il nastro di questa incisione e sentivo Merritt cantare il quarto e il quinto atto con quell’impeto, con quella generosità vocale… Indipendentemente dal fatto che la voce piaccia o non piaccia. Un tale aspetto finisce per diventare di secondaria importanza, di fronte all’avvenimento artistico in sé. Sono convinto che l’ascolto a freddo, lontano dalle isterie e dalle prese di posizione del giorno della “prima” (ricorderà certamente che soprano e tenore vennero contestati) renderà giustizia all’esecuzione di quest’opera. Ripeto, potrà piacere o non piacere, ma si tratta di un documento vero, senza trucchi, della realizzazione di un’opera che, per il soprano e il tenore, è di difficoltà assolutamente impervie.
Certo, il disco realizzato in studio ha dei grandi vantaggi: se una nota non viene bene, la si ripete dieci volte, avendo il tempo anche cento volte. Invece nell’opera registrata live non c’è nulla da fare, non ci sono trucchi. Di conseguenza, molto spesso i dischi abituano ad un ascolto viziato e vizioso, proprio perché sono realizzati in condizioni ben distanti dalla realtà della scena teatrale: un Do naturale cantato dal tenore a mezzanotte, quando l’opera è iniziata alle otto è una cosa; la medesima nota cantata all’inizio di una seduta discografica, quando si è freschi, con la possibilità di ripeterla tante volte fino a quando riesce come si vuole è un’altra cosa. Se io dovessi incidere i Vespri Siciliani in studio, avrei bisogno per lo meno di quindici sedute discografiche, per curare i particolari, per ripetere un accordo non venuto bene, per calibrare l’insieme di un quartetto o di un quintetto. Ci sono dei vantaggi, questo è certo, ma questo disco dei Vespri Siciliani, così come quello del Guglielmo Tell, permettono di ascoltare tali opere proprio sull’arco tirato di un’esecuzione, con quelle imprecisioni che possono inevitabilmente accadere. Tali incisioni portano delle esecuzioni che nascono e muoiono. E la loro ricchezza di emozioni sta proprio in questo aspetto.
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da Fernando De Carli, 1990