Muti e il concerto a Lourdes: musica ambasciatrice di pace
– di Valerio Cappelli | 13 luglio 2022
«Le vie dell’Amicizia» con l’orchestra Cherubini. «Viaggio spirituale»
Questo è un concerto che si deve «contemplare», non solo ascoltare. Un evento spirituale di suoni e di segni che accarezza il senso del mistero e del vivere umano, travalica i confini musicali e ci interroga come individui e comunità. Ma si conclude con la standing ovation del pubblico. Riccardo Muti è con la sua orchestra Cherubini davanti al sagrato del santuario, impreziosito dai mosaici sui misteri della luce che furono promulgati da Giovanni Paolo II. Sotto il cielo terso di Lourdes, il pubblico si incammina lungo il viale che porta alla basilica le cui pietre sono come impastate della simbologia del rosario. Gli ammalati sulle sedie a rotelle sono mischiati fra tutti nel nome dell’inclusività.
I concerti dell’Amicizia del Ravenna Festival, in luoghi impervi, figli di guerre e disagi, vengono vissuti come «pellegrinaggi»: questo, nel Santuario di Lourdes, lo è di più. Si parte dall’aeroporto di Forlì, dove si è chiusa la mostra su Maria Maddalena che idealmente rimanda a uno dei brani, il canto ucraino di una madre e di sua figlia, e si va ospiti del festival L’offrande musicale, L’offerta musicale, come il pezzo di Bach. Offerta a un’umanità ferita in cerca di conforto, ai dimenticati. Obiettivo: «Evitare il pietismo. La compassione ha dei limiti nel concepire il dolore degli altri», dice il pianista e ideatore David Fray.
Siamo a pochi passi dalla grotta dove la Madonna, nel 1858, apparve alla pastorella Bernadette. C’è il Coro dell’opera di Ucraina che Cristina Muti ha sottratto alla follia di Putin, prelevandolo in pullman e portandolo a Ravenna. Ecco Felix Klieser, solista del primo dei quattro Concerti per corno di Mozart. Suona dall’età di 3 anni. Succede qualcosa di inimmaginabile. Non ha le braccia, usa il piede sinistro per azionare le valvole, il corno francese è tenuto su un treppiede. La sua grave disabilità non gli ha impedito di diventare musicista. Ha 31 anni, lo sguardo ardente e luminoso di chi ogni giorno è in battaglia. Spazza via l’estetica del dolore con ironia: «Se suscito pietà? Io accetto tutto. Quando mi dicono che è impossibile suonare così, rispondo che non lo so, io non ho mai suonato con le mani! Volevo suonare questo strumento e nessun altro, è bello vivere i sogni, fare quello rende felici noi e gli altri». Si pensa a Il mio piede sinistro, il film con Daniel Day-Lewis sul pittore che superò l’handicap, uomo rispettato da tutti, come Felix. Ed ecco Riccardo Muti: «Mentre divampa un nuovo, lacerante conflitto, è la musica, capace di superare le diversità di cultura, lingua e religione, a farsi ambasciatrice del nostro messaggio di pace e di solidarietà». Nell’ecumenico intreccio di culture e spiritualità, si va dal Magnificat di Vivaldi, a canti baschi e occitani. Il concerto (replica domani a Loreto e in onda il 6 agosto su Rai i) si conclude col passaggio della statua dell’Immacolata, Muti attraversa l’orchestra per non fare la passerella. Arriva il Te Deum dell’ultimo Verdi: la sua spiritualità, espressa nel dubbio che ci possa essere qualcosa «dopo», «sprigiona un’energia cosmica che ci assorbe e ci salva», dice Muti. E infine l’Ave Verum Corpus di Mozart in cui «risuona il dolore del mondo ma anche tutta la speranza di cui l’uomo è capace». L’atmosfera si fa via via rarefatta. Il cielo di Lourdes si apre all’unico infinito possibile.
Valerio Cappelli, Corriere della Sera, 13 luglio 2022
Muti dirige Verdi a Lourdes “Un ponte tra cielo e terra”
– di Gregorio Moppi | 13 luglio 2022
È un concerto di ferite quello che Riccardo Muti dirige sul sagrato della basilica di Lourdes. Ma nel luogo in cui la fede invoca miracoli e guarigioni, la musica suggerisce che prodigiosa è piuttosto la forza dell’essere umano quando riesce a prevalere sulle infermità. Stavolta “Le vie dell’amicizia”, progetto del Ravenna Festival, non tocca terre segnate da conflitti con l’ambizione di gettarvi un seme di pace. Lourdes non è la Sarajevo dilaniata che nel 1997 i musicisti poterono raggiungere solo con aerei militari. La cittadina di Bernadette è terra di incontro. Lo stesso accade al santuario di Loreto, dove il concerto arriva giovedì 14 (il 6 agosto trasmesso da Rai 1).
«Questi due appuntamenti intrecciano musiche di tradizioni, lingue, culture differenti: Vivaldi e la devozione basca, Verdi, la religiosità slava, gli Chanteurs Montagnardes e l’Ave Verum di Mozart cui partecipano i bambini delle scuole della zona. Un affresco che racchiude la storia degli ultimi anni segnati dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina», spiega Cristina Mazzavillani Muti, artefice delle “Vie dell’amicizia”. Lei, a inizio aprile, è partita con un pullman per trarre in salvo a Ravenna gli artisti dell’Opera di Kiev (e le loro famiglie). Perlopiù coristi, che nei due programmi sacri si uniscono all’Orchestra Cherubini di Muti e al coro Cremona Antiqua. E da sole le voci ucraine cantano anche una preghiera della loro compositrice Hanna Havrylec’, morta per attacco cardiaco un paio di giorni dopo l’invasione russa.
Ecco una delle ferite sanguinanti nella notte tiepida di Lourdes. E a Loreto, altra ferita: grazie a una licenza speciale concessa dal governo Zelensky, dal fronte arriva per poche ore Taras Stoly, star del folk locale ora soldato per la patria. Ma già il Magnificat di Vivaldi, in apertura di programma, è una piaga che butta sangue. Enigmatico quanto lo Stabat Mater di Verdi. Interrogativo come l’incipit del suo Te Deum. Invece Verdi sembra ricercare dio in mezzo a una nebbia fitta. Un inizio così spiazzante richiede al coro un suono denso, soffocato dai dubbi. La mano di Muti lo modella nell’aria: vuole, e ottiene, il colore dello sgomento. Tutte le ferite, però, si rimarginano sulla frase finale, “In te, Domine, speravi”. La nebbia si dissolve. Dice Muti: «Sono le ultime note scritte dal vecchio Verdi, ponte gettato tra cielo e terra attraverso il quale lui, che pure era un incallito mangiapreti, arriva a cogliere il senso dell’aldilà». La luce che lì s’intravede, gli ascoltatori raccolti sull’esplanade del santuario – parecchi con disabilità – la percepiscono anche come prodigio della forza di volontà, nell’ascoltare il Mozart suonato dal cornista tedesco Felix Klieser. Con il piede sinistro, perché è nato senza braccia.
Gregorio Moppi, la Repubblica, 13 luglio 2022
Muti, il concerto a Lourdes per un messaggio di pace
– di Flaminia Bussotti | 13 luglio 2022
In 25 anni, i Concerti delle Vie dell’Amicizia del Festival di Ravenna hanno fatto tappa in luoghi di sofferenza portando un messaggio di fratellanza. Questa 26/a edizione, Riccardo Muti e l’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini hanno levato una preghiera di pace e scelto per il loro concerto due luoghi simbolo della fede e della Cristianità: Lourdes e Loreto, santuari mariani drammaticamente associati questi giorni a Mariupol, la città martire ucraina intitolata alla Vergine Maria. La guerra in Ucraina, la crisi energetica, lo spettro di una catastrofe alimentare: il mondo si sente impotente e all’uomo non resta che la preghiera. Quello di lunedì sera sul sagrato della Basilica di Nostra Signora del Rosario nel santuario di Lourdes non era un concerto come tanti: ha dato voce a queste paure in un grandioso lamento musicale che è anche speranza di pace e richiesta di aiuto al Cielo. «È stata una serata spirituale», ha riassunto dopo Muti per i giornalisti, felice della prova dei musicisti in un concerto all’aperto ben diverso dai canoni tradizionali. La serata rientrava nel Festival L’Offrande Musicale fondato dal pianista David Frey, marito di Chiara Muti. “Festival fuori norma” perché pensato per i disabili e per sensibilizzare su questa minoranza trascurata a dispetto della correttezza politica e lessicale imperante, come ha detto io stesso Frey. In programma musiche sacre con l’Orchestra e Coro della Cherubini. Il coro Cremona Antica e dell’Opera nazionale ucraina (direttori Antonio Greco e Bogdan Plish) il Magnificat di Vivaldi (soliste Arianna Vendittelli e Margherita Maria Sala): il concerto n. 1 K 412 di Mozart con il cornista tedesco Felix Klieser, con grave disabilità (senza braccia) che ha suonato il corno usando il piede sinistro, trascinando il pubblico in applausi e una standing ovation. In chiusura l’Ave verum corpus di Mozart con un coro commovente di cento bambini della regione. Di mezzo suggestivi canti ucraini e baschi tradizionali. Poi Verdi con brani di grande spiritualità: lo Stabat Mater e il Te Deum dai Quattro Pezzi Sacri. Musica rarefatta intrisa di spiritualità e comunione al di là della fede religiosa di ciascuno. Con le parole e note finali del Te Deum, le ultime, come ha sottolineato Muti, scritte da Verdi, risuonava nell’aria la domanda che riguardava lo stesso compositore: “in te Domine speravi” (in te ho sperato, Signore). Gli artisti ucraini sono quelli che avevano suonato con Muti a Kiev 4 anni fa e portati in salvo a Ravenna dalla moglie del maestro, Cristina, con lo scoppio della guerra. Il 21 luglio, ha detto il direttore del coro Bogdan Plish, dovranno tornare in Ucraina.
Flaminia Bussotti, Il Messaggero, 13 luglio 2022
Muti a Lourdes – Suoni oltre la sofferenza
– di Donatella Longobardi | 13 luglio 2022
«Que soy era Immaculada Councepciou». La Signora vestita di bianco con due rose gialle sui piedi aveva parlato così, in occitano, alla giovane Bernadette che non aveva capito l’importanza di quella rivelazione. E l’altra sera, l’antico dialetto degli Alti Pirenei è tornato a risuonare in musica nella esplanade del santuario dí Lourdes, a pochi metri dalla grotta di Massabielle, la grotta delle apparizioni. Qui dove si raccolgono i dolori del mondo e milioni di pellegrini cercano rifugio ai loro tormenti, le note di un inno tradizionale a Maria con le voci dei cantori di Tarbes e dei Montagnardes di Lourdes, si sono miscelate con un canto basco e con la preghiera alla Vergine di una madre e una figlia e dei coristi del teatro dell’Opera nazionale Ucraina scampati alle bombe su Kiev: «Santa Madre di Dio, ascoltaci. Con la tua mano onnipotente proteggici dai nemici che ci opprimono».
Sul podio della sua Orchestra Cherubini, Riccardo Muti sembrava particolarmente emozionato. «Sì». ammette. «ci sono stati momenti di grande intensità e religiosità sostenuti da una musica sublime. Mettere insieme la cultura occitana con quella basca e le difficoltà attuali dell’Ucraina con Verdi. In una realtà come quella di Lourdes con tutte le sue implicazioni religiose, è stata una sfida particolarmente audace, ma riuscita».
Il maestro napoletano ha scelto infatti quest’anno la città mariana come prima tappa delle «Vie dell’amicizia» (la seconda sarà Loreto, domani, e Rai uno registrerà l’evento per trasmetterlo il 6 agosto), il progetto del «Ravenna festival» che dal 1997 porta attraverso la musica un messaggio di pace nelle terre particolarmente colpite da conflitti e difficoltà dei nostri giorni. Dalla New York ferita alle Torri Gemelle a Damasco, Erevan, Kiev… «Eravamo lì nel 2018, non potevamo immaginare quel che sarebbe accaduto pochi anni dopo, con noi suonarono anche ragazzi di Mariupol» sottolinea Muti, che già dal podio della Chicago Symphony, la sua orchestra americana, aveva alzato la voce contro l’invasione russa. Sua moglie Cristina, con la sua forza persuasiva, aveva agito prontamente. Era andata ai confini con l’Ucraina e poi portato in Italia, a Ravenna, alcuni musicisti ucraini che quattro anni fa avevano suonato col maestro.
Gli stessi che l’altra sera sono stati tra i protagonisti del grande concerto di Lourdes con il loro direttore Bogdan Plish, ospite ieri pomeriggio della recita del Rosario in italiano alla Grotta, trasmesso su Tv 2000 con un suggestivo canto mariano. Brano ripetuto durante il concerto di Muti, clou del festival de l’Offrande musicale, di cui è direttore artistico David Fray, celebre pianista di Tarbes (capoluogo della provincia cui appartiene Lourdes), nonché marito della figlia del maestro, Chiara Muti. Una manifestazione alla sua seconda edizione che ha avuto come «padrino» Dominique Farrugia e come invitato d’onore Philippe Lancon, giornalista rimasto gravemente menomato dopo l’attentato a Charlie Hebdo. Tutti sostenitori della rassegna della città mariana che in questo periodo cerca di risollevarsi dopo due anni di difficoltà economiche legate alla pandemia e allo stop ai pellegrinaggi, tra grande musica e l’arrivo del Tour de France. Nonostante ciò, non sono mancate le polemiche da parte di alcuni sindacati contrari al fatto che partecipasse all’evento – considerato religioso e quindi non in linea con la laicità educativa garantita dallo Stato – un coro di voci bianche di scolari francesi: «Ma è un regalo ai bambini cantare sotto la guida di uno dei nostri più grandi direttori d’orchestra, ricorderanno questa serata per tutta la vita! Io e Chiara siamo tornati a vivere qui con nostra figlia Gilda, che porta il nome della bisnonna Muti. Ho promosso questa manifestazione perché ho voluto dare voce a una minoranza, quella che in Italia viene definita con il brutto termine dei diversamente abili, ma solo chi vive queste condizioni può capire», ha tagliato corto il pianista. E’ stato lui a volere tra il pubblico un gran numero di persone in difficoltà e handicappati, elemento cardine del festival che riserva loro il 20 per cento dei posti.
Così, per una sera, per la prima volta nel parco del santuario, i malati di Lourdes hanno vissuto l’esperienza straordinaria della musica classica live davanti a una orchestra. Tanti in carrozzella, qualcuno col suo lettino, altri accompagnati dai fidi barellieri e dalle crocerossine come nelle processioni e nei flambeau notturni hanno applaudito a lungo Muti, accolto dal vescovo di Tarbes Jean-Marc Micas e dal sindaco Thierry Lavit, Un momento di commozione ed entusiasmo ha scatenato la presenza sul palco di uno di loro, il cornista Felix Klieser che, nato senza braccia, suona con l’aiuto di un piede ed ha eseguito il «Concerto n.1 per corno e orchestra» di Mozart, finito con una standing ovation. In locandina anche il «Magnificat» di Vivaldi, lo «Stabat» e il mastodontico «Te Deum». dai «Quattro pezzi sacri» di Verdi con la voce solista di Arianna Vendittelli.
Nel finale, poi, mentre qualcuno ha acceso una fiaccola al passaggio della statua della Vergine, il breve mottetto mozartiano «Ave verum corpus» coi bambini delle scuole di Tarbes e di Lourdes. «Una musica scritta da Dio», l’ha definita Muti che l’ha scelta per concludere la serata, una sorta di preghiera che si è alzata al cielo dal sagrato della Basilica del Rosario insolitamente chiuso ai riti religiosi e destinato alla musica: «Perché l’intero concerto aveva l’intenzione di mettere in evidenza la capacità della musica di colpire al cuore, di evocare la pace e la fratellanza, perché è una lingua senza frontiere. Lo spiega in maniera mirabile Dante, nel Paradiso: “E come giga e arpa, in tempra tesa/ di molte corde, la dolce tintinno/ a tal da cui la nota non è intesa,/ così da’ lumi che li’ m’apparinno/ s’accogliea per la croce una melode/ che mi rapiva, senza intender l’inno”».
Il direttore ha puntato al cuore degli ascoltatori con l’amato Verdi che nel finale del «Te Deum» invoca il Signore perché conceda misericordia «al modo in cui abbiamo sperato in te». «Ho voluto», dice, «ridare dignità a Verdi, uno dei padri della nostra civiltà musicale, cui non sempre facciamo un buon servizio in nome di una falsa italianità. Verdi non è sangue, arena e zun-pa-pa. L’italianità è altro: sono le radici di una città come Napoli dove sono nato e mi sono formato, la sua poesia, la musica di Alessandro Scarlatti e di Paisiello, il San Carlo di Rossini e Donizetti, una enciclopedia di sapori diversi che fanno grande la nostra cultura nel mondo. Per ricordare a coloro che non hanno ancora capito quanto è importante la bellezza».
Donatella Longobardi, Il Mattino, 13 luglio 2022
«Musica contro il male del mondo» Loreto s’incanta dinanzi al Maestro
– Stefano Marchetti | 15 luglio 2022
Il loggiato del Palazzo Apostolico “vestito” di luci calde, e sul sagrato della basilica la Madonna Nera su un altarino incorniciato di fiori, tra i bimbi del coro Vocincanto di Loreto, Fano e Pesaro che intonano l’Ave Verum Corpus di Mozart. Davvero emozionante l’immagine conclusiva dell’eccezionale concerto delle «Vie dell’amicizia» di Ravenna Festival che Riccardo Muti ha diretto ieri sera nell’abbraccio della piazza del Santuario della Santa Casa (con le riprese televisive di Rai Cultura che trasmetterà l’evento il 6 agosto). All’orchestra giovanile Luigi Cherubini si sono uniti anche i coristi del teatro dell’Opera di Kiev e alcuni solisti ucraini d’eccezione fra cui Taras Stoly, virtuoso della bandura, che è volato appositamente a Loreto dal fronte di guerra, grazie a un permesso del presidente Zelensky. Dal «Magnificat» di Vivaldi al «Te Deum» di Verdi, il concerto ha voluto interpretare il desiderio di pace e di solidarietà fra le genti che è nel cuore di tutti. «La forma della bellezza si basa sull’unione, sull’armonia e sulla fratellanza», ha ricordato il Maestro Muti che ieri mattina, insieme alla moglie Cristina, è stato accolto in sala consiliare dal sindaco Moreno Pieroni e dall’assessore alla cultura Francesca Carli, e ha firmato il libro degli ospiti illustri di Loreto. «Grazie per il dono che ha voluto fare alla nostra città», ha esordito il sindaco. «A lei va la riconoscenza per aver colto un carattere speciale di Loreto che è sempre stata città dell’accoglienza e della pace», ha aggiunto Carli. «In questo momento il mondo è in ebollizione. Ecco che il nostro concerto quest’anno ha assunto ancor più il significato profondissimo di un messaggio di pace» ha detto Muti. Gli appuntamenti delle Vie dell’Amicizia, iniziati nel 1997 a Sarajevo, sono come gocce di bene in un oceano di male. La Musica, con la M maiuscola, ha sempre un potere lenitivo». Il concerto di Loreto (così come quello di Lourdes di lunedì scorso) ha avuto anche un accento spirituale che – ha aggiunto il Maestro – va oltre le singole religioni: «Il manto della Madonna accoglie chi crede e chi non crede». Muti ha sottolineato come le Marche siano terra di radicata tradizione musicale e di grandi compositori. E ha rievocato una passeggiata a Maiolati, culla di Gaspare Spontini, «un musicista davanti al quale Wagner si inginocchiava. Era un pomeriggio assolato e in una via silenziosa sentivo un brano dalla “Vestale”. Ho scoperto che proveniva da un laboratorio di falegnameria, dove un artigiano lavorava ascoltando la musica di Spontini. Mi è sembrato assolutamente straordinario». Poi ha ribadito quindi la necessità di investire sull’educazione musicale, in particolare verso i giovani, e ha rammentato un proverbio cinese, «È a forza di pensare ai fiori che i fiori crescono», come a dire che occorre ritrovare l’attenzione e la cura per le cose che contano.
Stefano Marchetti, il Resto del Carlino ed. Ancona, 15 luglio 2022
L’amicizia suona nel nome di Maria
– di Carla Moreni | 17 luglio 2022
«Con riconoscenza», scrive Riccardo Muti firmando una dedica affettuosa nel libro degli ospiti illustri del Santuario della Casa Santa di Loreto. La riconoscenza è nostra, Maestro. Perché da venticinque anni, mai saltata una puntata, in qualsiasi condizione e a qualsiasi costo di tempo e fatica ha portato avanti l’inedito progetto delle “Vie dell’amicizia”, nato all’interno di Ravenna Festival, promosso dalla creativa fantasia di Cristina Mazzavillani e del suo team, ma alla fine condotto in porto sulle spalle di uno solo, che se ne fa carico. Anche questa volta, quando il gemellaggio unisce due città mariane per eccellenza, Lourdes e Loreto, luoghi di pellegrinaggio. Un messaggio del Papa incoraggia a «proseguire i percorsi di solidarietà e concordia mediante il linguaggio universale della musica».
A Loreto, nella piazza dove respiri il disegno bramantesco, antistante la facciata del Santuario, millecinquecento persone ascoltano un programma che come sempre è costruito in modo mirato: non è un’antologia di belle pagine, ma un discorso in forma di musica. Poggia su un pedale corale, cioè dice l’importanza di essere uniti («Omnis pulchritudinis forma unitas est», chioserà il direttore, citando Sant’Agostino). Il Coro, unito al fedele “Cremona Antiqua”di Antonio Greco, è formato da una trentina di coristi del Teatro dell’Opera Nazionale d’Ucraina, che da quattro mesi sono ospiti di Ravenna: cantano con le loro camicie dai ricami colorati, con disciplina commovente, le belle voci scure che si modellano sul latino del Magnificat di Vivaldi e dello scabro Stabat Mater dai Quattro pezzi sacri di Verdi. Impossibile non commuoversi di fronte alla dedizione, alla nobiltà nel dolore. Canteranno poi anche un brano dalla liturgia ucraina del 1200 e poi un piccolo gioiello di Hanna Havrylets, compositrice da poco scomparsa, diretti da Bogdan Plish. Loro sono qui, il resto del Coro è a Kiev. Il prossimo 21 luglio scade il permesso, dovranno ritornare.
Ci sono anche i ballerini del Teatro, che in questi mesi sono riusciti a sopravvivere grazie a qualche lavoro trovato in Italia: intrecciano un passo a due, delicatissimo, sul sagrato della Basilica, su un brano semplice, poetico, Melody… for an Angel, di Myroslav Skoryk, compositore di Leopoli, morto a Kiev nel 2020. A meticciare l’impaginato mariano arriva un canto tradizionale basco, Agur Maria, con la voce di Benat Achiary, preparato nello specifico per la data di Lourdes e importato a Loreto, a suggello del gemellaggio. Ma la parte più succosa viene dai quattro classici guidati da Muti. Che come sempre offrono una ragione d’ascolto originale, spiccata, del tutto indipendente rispetto a modi e mode, e che ci fa riflettere sul concetto di interpretazione e di insegnamento. Perché il direttore ha i suoi ragazzi, i suoi “Cherubini” ai leggii, e con loro, nelle generazioni che si susseguono, sembra immancabilmente proteso alla consegna di un’eredità, di una scuola, di uno stile, di un’etica. Li corregge fino all’ultimo, come nessuno ormai fa più, in giro nelle prove d’orchestra, a tutte le latitudini. E più li corregge, più spreme dalle partiture la difficoltà di quei segni. Ma intanto allarga gli orizzonti, alza il livello degli obiettivi. Gesto ampio, morbido, solo sulle note, solo su quello che le note esprimono. Esperienza totalizzante. Non suona affatto frivolo il suo Vivaldi del Magnificat: pensoso, invece, pur nelle trine delle due brave soliste, Arianna Vendittelli e Margherita Maria Sala; spoglio di quei ritmi a mitraglietta che rendono la scrittura del veneziano un po’ tutta uguale. Nel Concerto K412 per corno suona Felix Klieser, timbro, intonazione, articolazioni immacolate: l’artista, focomelico, non ha le braccia. Si è inventato un trespolo per appoggiare lo strumento e una tecnica per le dita del piede sinistro, che ha del miracoloso. È felice. merita tutto il successo.
Il programma si chiude con Verdi, amplificato, come è necessario per gli spazi aperti, e che si potrà ascoltare ancor meglio su Rai5, il 6 agosto prossimo. Ma nessuna tv potrà mai ripetere l’esperienza dal vivo di Riccardo Muli che quando è ormai quasi mezzanotte, alla prova generale, insegna nota su nota a un doppio coro di bambini, innocenti e ignari di scuola di canto, l’Ave Verum di Mozart: respiri, parole, poesia. Le “Vie” qui toccano l’assoluto.
Carla Moreni, il Sole 24 ore, 17 luglio 2022
Guarda le foto:
Lourdes, 11 luglio
Il Maestro insieme al sindaco di Loreto Paolo Niccoletti e l’assessore alla cultura Francesca Carli
Loreto, 14 luglio
© Marco Borrelli
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