– di Susanna Franchi | 12 febbraio 2021
Muti l’affabulatore tra battute e appelli domina la conferenza stampa di presentazione del Così fan tutte nella sede della Reale Mutua, racconta, canticchia, spiega davanti alla sindaca Appendino e precisa: «Sono felice di essere qui, ma non mi piace dire la sindaca».
Maestro, il suo rapporto con Torino?
“Ho scoperto Torino in questi giorni, lo confesso e dichiaro la mia vergogna per non averla apprezzata prima come merita. Sono venuto a dirigere al Regio nel 1968, poi ho diretto alcune volte l’Orchestra Sinfonica della Rai di Torino, ma ero direttore musicale al Maggio Musicale Fiorentino e il mio impegno era lì, io sono della vecchia guardia e per me essere direttore di un teatro vuol dire adoperarsi per la sua crescita, non come quelli che oggi fanno due concerti e poi spariscono. Quindi per me venire a Torino era sempre una toccata e fuga, sono venuto con diverse orchestre come la Cherubini o quella di Chicago ma arrivavo al Lingotto, stavo lì in albergo, tutto casa e bottega, dirigevo e ripartivo. Adesso, nel poco tempo che ho avuto tra una prova e l’altra, ne ho scoperto la bellezza. Sono sbalordito che quasi alla fine del mio viaggio terreno io scopra tali meraviglie”.
Come è stato lavorare al Regio?
“Negli ultimi anni avevo deciso di lavorare solo con le tre o quattro orchestre che già conosco e che conoscono i miei ideali interpretativi, non è per preziosismo ma vuol dire lavorare con uno strumento che è già tuo e che non devi riaggiustare. Ma quando Rosanna Purchia e Sebastian Schwarz hanno avuto la gentilezza di offrirmi questa possibilità in un periodo per me “vuoto” ho subito detto di sì. Questo Così fan tutte è uno spettacolo nel quale credo molto, ha già avuto un grande successo al San Carlo di Napoli, è stato comprato dall’Opera di Vienna e lo porteremo anche a Tokyo. Ero molto curioso di vedere cosa trovavo a Torino perché non avevo più sentito l’Orchestra del Regio. Innanzitutto ho trovato una grande partecipazione, una grande disciplina artistica. In teatro tutti, dal palcoscenico agli uffici, sono gentili e disponibili e le assicuro che non è facile trovare sempre questa disponibilità. Ho lavorato benissimo con Orchestra e Coro, hanno subito capito il mio concetto di suono e interpretazione, il che è molto difficile quando si tocca il divino Mozart. Suonano e cantano bene quindi faccio i complimenti a chi ha lavorato qui in passato perché a costruire un’orchestra ci metti anni, a distruggerla bastano quindici giorni”.
Tornerà al Regio?
“Se non crepo domani può essere che io ritorni, l’ho detto, non l’ho promesso”.
Dirige in un teatro senza pubblico, che effetto le fa?
“Posso lanciare un appello al presidente del consiglio incaricato Mario Draghi? Io non dico super Mario, io dico che è un uomo straordinario nel suo campo e gli chiedo che con lui si possa aprire un nuovo capitolo decisivo per la cultura. Restituiamo dignità al nostro Paese, restituiamo ai giovani la consapevolezza della nostra grandezza culturale. Io mi sono sempre definito Italico e quando a Molfetta la banda suonava Fratelli d’Italia io mi commuovevo. Per anni mi sono dovuto sorbire la polemica di quelli che volevano Va, pensiero come inno. Follia! Bisogna moltiplicare le orchestre, aprire i tanti teatri che ci hanno lasciato i nostri antenati, ci vuole una nuova strada culturale”.
Susanna Franchi, la Repubblica, 12 febbraio 2021
Foto di Andrea Guermani
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