Cancellato dal San Carlo non so se potrò tornare
– di Donatella Longobardi | 16 dicembre 2020
«Non so quando tornerò al San Carlo. Sono già saltati i miei concerti di novembre con l’orchestra, cancellata la tappa partenopea del tour di maggio con i Wiener Philharmoniker, non si farà il Don Giovanni di febbraio… sarebbero state belle occasioni per far musica per la mia città, non so quando sarà possibile in futuro… Stare qui a Caserta è come stare a Napoli, la Reggia e il suo teatro sono luoghi magici che bisogna assolutamente valorizzare». Riccardo Muti riassume in poche battute le sensazioni del momento. Alla Reggia di Caserta per registrare davanti alle telecamere di Rai5 un concerto con la sua orchestra giovanile Cherubini, non può non parlare di Napoli, del San Carlo, dei tanti appuntamenti saltati (quello con i Wiener è stato spostato a Ravenna), dei suoi legami di sempre con la città dove è nato e ha studiato, al San Pietro a Majella, e la Terra di Lavoro (qui per anni ha vissuto un fratello) dove tenne una lezione nel nome di Martucci all’università di Capua e dove nel 1998 gli fu consegnato il Premio Vanvitelli in una suggestiva cerimonia nella Cappella Palatina.
L’emergenza Covid costringe a suonare a porte chiuse. Ma è la musica a riscaldare l’atmosfera grazie anche all’acustica perfetta della sala del palazzo vanvitelliano, piccolo gioiello ricco di ori, stucchi, velluti. Muti suona qui la prima volta. Dirige Le ultime sette parole di Cristo sulla croce di Haydn, un’opera diventata un libro scritto dal maestro insieme con Massimo Cacciari, Le sette parole di Cristo (pubblicato recentemente da Il Mulino), in cui si traccia un parallelo tra le note e l’immagine visiva del Cristo morente raffigurato dal Masaccio nella Crocifissione esposta al museo di Capodimonte.
Il filosofo ha registrato pochi giorni fa a Ravenna un breve intervento che sarà inserito come presentazione dell’iniziativa, una produzione realizzata dalla Regione Campania con Scabec in partnership con Ravenna Festival, con la collaborazione della direzione della Reggia, il Mibact e la partecipazione della Rai che manderà in onda l’evento nelle prossime settimane sul suo canale culturale. I suoni, sottolinea Cacciari dal podio del Teatro Alighieri, «sono i mezzi più immateriali di cui disponiamo per comunicare dopo i pensieri. Ma è difficile comunicare. E Haydn realizza un perfetto equilibrio tra parole e musica».
E Muti: «La musica non è descrizione, non descrive assolutamente nulla, offre sensazioni, evoca. Qui il chiaroscuro delle note pone la coscienza di fronte al mistero della Croce». E le sensazioni, i momenti di profonda commozione e spiritualità sono tanti in questo brano caro al maestro napoletano che volle, anni fa, eseguirlo nella basilica di San Lorenzo ai Tribunali, ospite dell’associazione Scarlatti. In quella occasione c’era monsignor Vincenzo De Gregorio a «leggere» le sette scansioni della composizione di Haydn legate al Vangelo. Ora, invece, è solo la musica a parlare. Muti ci ha lavorato a lungo con i giovani della Cherubini che in questo periodo segnato dalla pandemia sono stati i suoi principali punti di riferimento.
Sospesa fino a marzo l’attività della sua grande orchestra americana, la Chicago Symphony, il direttore, che in gennaio festeggerà il suo sesto Capodanno a Vienna, divide il suo tempo tra lo studio, la scelta di opere da mandare via streaming per Chicago, per il Ravenna Festival, per il suo portale Riccardo Muti Music dove in questi giorni sono on line cinque appuntamenti dedicati alla sua Academy per giovani direttori d’orchestra, sorta di docu-talent sulla passione per la musica e i sogni dei talenti emergenti. E, naturalmente i Cherubini, protagonisti con lui in luglio di un memorabile concerto a Paestum davanti alle colonne del tempio di Nettuno e di una trasferta al «Ravello festival», sempre con la voce solista di una diva della lirica casertana, Rosa Feola.
«Dopo Paestum questa di Caserta, entrambe realizzate grazie alla Regione e alla sensibilità del presidente De Luca, è una esperienza straordinaria per questi ragazzi perché hanno avuto modo di cibarsi di storia, di cultura, di bellezza, napoletana e campana», osserva Muti che ieri, appena giunto allaReggia per le prove con la moglie Cristina, ha fatto un breve giro con il direttore Tiziana Maffei soffermandosi poi proprio sulle peculiarità del teatrino di corte, il cui palcoscenico si apre sul fondo offrendo una panoramica speciale dei giardini: «Un luogo unico, chiamarlo teatrino è riduttivo». «Anche l’acustica è straordinaria», ha detto il maestro. «Raramente nel mondo, anche nelle grandi e sofisticate sale europee e americane, ho trovato un’acustica così perfetta dove i suoni si riproducono in maniera così naturale. Credo sia una location ideale per la diffusione della musica napoletana del Settecento che è nata proprio tra queste mura, un patrimonio tutto nostro che va ripreso da chi lo ama e conosce la nostra storia e la nostra terra. É il momento di puntare sulla cultura, dire basta all’immagine negativa di Napoli, alla Napoli di Gomorra. Napoli è tanto, tanto altro. É la sua musica, i suoi palazzi, i suoi tesori artistici e paesaggistici. Da Paestum, appunto, a Caserta. Un unicum che non ha eguali in nessuna parte del mondo, è l’oro del Sud».
Donatella Longobardi, il Mattino, 16 dicembre 2020
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