Muti tra i ragazzi di Nisida
«’0 sole mio, cantate con me»
– di Donatella Longobardi | 20 gennaio 2020
L’INCONTRO
Quando i musicisti della Chicago Symphony Orchestra intonano «’O sole mio», un sorriso attraversa i volti dei ragazzi dell’istituto di Nisida. Qualcuno azzarda a cantare una strofa. È felice Riccardo Muti. Fioccano gli applausi dei giovani reclusi, dei docenti, degli ospiti invitati alla speciale matinée mentre su una terrazza affacciata sul panorama di Posillipo, di Procida e di Ischia, il sole evocato dalla canzone riscalda tutti. «E ora possiamo chiedere che questi musicisti diventino cittadini onorari di Napoli», suggerisce il maestro tornato nel carcere minorile napoletano – a poco più di un anno dalla sua ultima visita – in occasione del suo concerto al San Carlo con la prestigiosa compagine americana, in tournée in Europa.
LA PROMESSA
«Avevo promesso di tornare ed eccomi», dice cercando volti noti tra i ragazzi. Giovanni non c’è, da qualche mese è fuori. C’è Ciro, però. Il maestro Io riconosce: «Ma hai cambiato taglio di capelli». Lui annuisce, i loro sguardi si incrociano in un gesto d’intesa. Arriva Valentina. Lei, dopo quell’incontro con il musicista napoletano nel novembre del 2018 ha scritto dei versi. S’intitolano «A Riccardo Muti, ospite di Nisida» e ora sono stampati in un libro curato da Maria Franco che raccoglie le opere delle ragazze realizzate durante l’esperienza nel penitenziario nell’ambito di un progetto dedicato alla scrittura. «I tuoi occhi cristallini/ sfiorano la mia luce che non perdeva/ neanche per un attimo/ l’onda di quei tasti bui ma luminosi». Valentina aveva ascoltato il maestro suonare al pianoforte e aveva sentito l’esigenza di scrivere. Ma ieri Muti non ha suonato. Ha accompagnato sull’isolotto tre star della Chicago: Jennifer Gunn (flauto e ottavino), Charles Vernon (trombone), Gene Pokorny (basso tuba). «Nei loro strumenti sono i migliori al mondo, non ho portato schifezze e caccavelle, li ricorderete per tutta la vita», spiega senza lesinare battute in dialetto e raccontare di aver chiesto a «chi sta lassù» dopo aver visto la pioggia di sabato di avere per la mattinata di domenica una bella giornata di sole da mostrare agli ospiti americani. «Suonano strumenti uno diversissimo dall’altro che raramente si ascoltano da soli o in questa formazione, ma sono strumenti estremamente espressivi, gravi o acuti, ‘o ‘ruosso e ‘o piccirillo. Quindi in grado di suscitare emozioni, che è il motivo per il quale siamo qui».
I MUSICISTI
Poi presenta i singoli brani, corre tra i leggii per mantenere i fogli degli spartiti sollevati dal vento. In tre, in coppie o soli, i musicisti eseguono un breve concerto, da «Oculus non vidit» di Carlo Santino a Bach, il concerto per due violini arrangiato per ottavino e tuba. Quindi jazz, «I’m getting sentimental over you» scritto da Bassman per Tommy Dorsey e un po’ di Ottocento, «Sonata for Piccolo» di Rabboni e una selezione di musiche da film che divertono con il loro incedere sonoro scandito dalla enorme tuba di ottone portata in giro come un trofeo. Tutti applaudono, i ragazzi sembrano travolti da tanta attenzione e, alla fine, incontrano Muti per un brindisi privato, dopo aver preparato per lui pizze e dolci, ricevendone in cambio sorrisi (il maestro si è divertito anche a trasformarsi in pizzaiolo e a infornare una Margherita) e complimenti. Occasione per parlarsi senza barriere, chiedere magari perché il proprio processo ritarda, raccontare di chi si è lasciato a casa o semplicemente per salutare il maestro, sempre più entusiasta dal lavoro che si fa per recuperarli e riportarli, una volta fuori, ad una vita «normale». Certo che appena sarà di nuovo a Napoli sarà ancora con loro.
Donatella Longobardi, Il Mattino, 20 gennaio 2020
© Todd Rosenberg Photography
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