LE VIE DELL’AMICIZIA 2019. RAVENNA-ATENE
Martedì 9 luglio, alle 21, all’Odeon di Erode Attico ad Atene
È una vera e propria vocazione al viaggio quella che da anni attraversa il cuore di Ravenna Festival: il viaggio interiore e della mente lungo i percorsi dell’arte, e il viaggio che conduce a incontrare e abbracciare popoli diversi, nel segno di radici comuni e affi nità insospettate. E soprattutto nel segno di quell’insopprimibile bisogno di sentirsi uniti di fronte alle avversità della sorte, di farsi forza nel consolante gesto di un abbraccio, di scongiurare la solitudine: sono le Vie dell’Amicizia, che in questa XXX edizione di Festival approdano fi n nel cuore del Mediterraneo, in Grecia, in quella terra dove l’Europa affonda le proprie radici. È nell’antico e straordinario spazio dell’Odeon di Erode Attico, ai piedi dell’Acropoli, che martedì 9 luglio Riccardo Muti, da sempre protagonista del progetto, dirige una compagine costituita per l’occasione dall’unione dell’Orchestra Luigi Cherubini con alcune delle più attive orchestre greche: Athens State Orchestra, Thessaloníki State Symphony Orchestra, ERT National Symphony Orchestra, Greek Youth Symphony Orchestra, City of Athens Symphony Orchestra, City of Athens Philharmonic. Musicisti a cui si uniranno le voci del Coro Costanzo Porta insieme a quelle dell’ERT National Choir e del Choir of the Municipality of Athens, preparati dai maestri Antonio Greco e Stavros Beris. Il concerto sarà replicato a Ravenna, secondo la tradizione dei viaggi dell’Amicizia, giovedì 11 luglio al Palazzo Mauro De André. Un complesso di 200 elementi in cui spiccherà la generosa presenza di Francesco Manara, primo violino solista del Teatro alla Scala di Milano. Greci e italiani siederanno vicini per interpretare il monumentale affresco musicale costituito dalla Nona Sinfonia in re minore, per soli, coro e orchestra op. 125 di Ludwig van Beethoven, vero e proprio inno all’Europa e alla fratellanza tra i popoli, affi dato alle voci del giovane soprano di origine kazaka Maria Mudryak, del mezzosoprano russo Anastasia Boldyreva, del tenore Luciano Ganci e del basso, anch’esso di origine russa, Evgeny Stavinsky.
Il concerto, realizzato in collaborazione con il Festival di Atene e Epidauro, è reso possibile dal sostegno del Ministero dei beni e delle attività culturali, del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, della Regione Emilia-Romagna, dell’Ambasciata d’Italia e dell’Istituto Italiano di Cultura di Atene.
In un cartellone chiamato a muoversi “Per l’alto mare aperto” – richiamando nel verso dantesco l’attitudine al sogno e alla visionarietà, insieme all’attenzione per la realtà più cruda, così come la capacità di unire il passato, la storia, la “tradizione” con le domande che il presente ci pone – la capitale greca diviene al tempo stesso tema e meta inevitabile di questo 23esimo viaggio. Perché le Vie dell’Amicizia sono un’avventura che il festival ravennate percorre fin dal 1997, dal primo rocambolesco volo diretto in una Sarajevo ancora fumante del fuoco di bombe e mortai, in risposta a una “chiamata”, una richiesta di aiuto che da quelle genti arrivava attraverso quel mare che ci separa e unisce, l’Adriatico. Da allora un anno dopo l’altro si sono susseguiti i “ponti di fratellanza” gettati attraverso il mondo, nel tentativo di rimarginare ferite seguendo la martoriata geografia dei nostri tempi, segnata da guerre, da antichi odi mai sopiti, dalla cieca follia del terrorismo, da catastrofi naturali… da Gerusalemme a Beirut, nel pieno del conflitto del Libano meridionale, dalla ferita aperta di Ground Zero a New York a Istanbul e Erevan, cercando di unire i lembi di un contrasto che dura dal genocidio armeno di inizio Novecento; poi da una Damasco che sotto l’apparente tranquillità covava l’inferno all’esplosiva Nairobi, dall’irraggiungibile Teheran al delicatissimo equilibrio di Kiev. Risposte sempre pronunciate nell’unico linguaggio che sappia superare barriere di lingua e di cultura e unire i popoli in un unico respiro: la musica.
“In ognuno dei nostri viaggi – spiega Riccardo Muti – chiediamo ai musicisti delle orchestre e dei cori del luogo di aggregarsi alle nostre compagini: musicisti seduti allo stesso leggio spesso non hanno in comune che la musica, eppure riescono ad esprimere la stessa idea, lo stesso concetto. Perché, come ripeto sempre, l’esecuzione musicale è il simbolo stesso della convivenza democratica, il singolo deve fare la propria parte ascoltando e rispettando quella degli altri, concorrendo insieme al risultato migliore, a quello che possiamo definire il Bene Comune”. Un abbraccio reciproco, un incontro e uno scambio di doni, che si realizza in una città simbolo del Mediterraneo e di tutta la cultura che attorno a questo Mare si è sviluppata, presso un popolo provato da anni difficili ma che con grande dignità sta riprendendo in mano il proprio destino; una città che certo rappresenta una tappa importante di quella sorta di Atlante della solidarietà tracciato da Ravenna Festival. Come sottolinea lo stesso Riccardo Muti, “Atene è una di quelle città dove il fine del nostro progetto si realizza pienamente, soprattutto tenendo conto dei momenti di crisi che la Grecia ha attraversato negli ultimi anni, e di come anche l’Italia ora stia affrontando problemi molto simili. Eppoi Grecia e Italia sono entrambi Paesi fondamentali per il mondo occidentale, per il contributo inestimabile con cui nei secoli ne hanno determinato il pensiero, l’arte, la filosofia. Come dimenticare che la democrazia nella sua più perfetta ed armoniosa espressione nasce proprio in Grecia”.
Certo non c’è luogo più suggestivo dell’Odeon di Erode Attico, risalente a quasi duemila anni fa, dove far risuonare le note della Nona Sinfonia di Beethoven, monumento della musica di ogni tempo, grandiosa e rivoluzionaria architettura sonora in cui il compositore, tra il 1822 e il 1824, sublima in sintesi perfetta lo stile operistico, la complessità sinfonica, il contrappunto sacro, elementi eterogenei che si fondono in un organismo unitario, ricco di idee timbriche e di raffinati disegni ritmici: un crogiuolo inventivo dall’inesauribile energia che culmina nell’irruzione della voce nell’ultimo inconfondibile movimento, sulle parole di Friedrich Schiller inneggianti alla gioia e alla libertà. Inequivocabile messaggio di pace e fratellanza universale.
direttore Riccardo Muti
soprano Maria Mudryak
mezzosoprano Anastasia Boldyreva
tenore Luciano Ganci
basso Evgeny Stavinsky
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini
Athens State Orchestra
Thessaloniki State Symphony Orchestra
Greek Youth Symphony Orchestra
City of Athens Symphony Orchestra
City of Athens Philharmonic
ERT National Symphony Orchestra and Choir
Choir of the Municipality of Athens
Coro Costanzo Porta
maestri del coro Antonio Greco, Stavros Beris
Tutti i Concerti delle Vie dell’Amicizia:
1997 SARAJEVO Centro Skenderija
1998 BEIRUT Forum di Beirut
1999 GERUSALEMME Piscina del sultano
2000 MOSCA Teatro Bolshoi
2001 EREVAN – ISTANBUL Palazzo dell’Arte e dello Sport – Convention & Exhibition Centre
2002 NEW YORK Ground Zero – Avery Fisher Hall (Lincoln Center)
2003 IL CAIRO Ai piedi delle Piramidi
2004 DAMASCO Teatro Romano di Bosra
2005 EL DJEM Teatro Romano di El Djem
2006 MEKNÈS Piazza Lahdim
2007 CONCERTO PER IL LIBANO Roma, Palazzo del Quirinale
2008 MAZARA DEL VALLO Arena del Mediterraneo
2009 SARAJEVO Olympic Hall Zetra
2010 ITALIA-SLOVENIA-CROAZIA Piazza Unità d’Italia, Trieste
2011 NAIROBI Uhuru Park
2012 CONCERTO DELLE FRATERNITÀ Pala De Andrè, Ravenna
2013 CONCERTO PER LE ZONE TERREMOTATE DELL’EMILIA Piazza della Costituente, Mirandola
2014 REDIPUGLIA Sacrario Militare, Fogliano di Redipuglia
2015 OTRANTO Cattedrale di Otranto
2016 TOKYO Teatro Bunka Kaikan – Metropolitan Theatre
2017 TEHERAN Vahdat Hall
2018 KIEV Piazza Sofiyska
Fratelli secondo Beethoven
di Carla Moreni| 14 luglio 2019
Beethoven e il prossimo anniversario dei 250 anni dalla nascita partono con breve anticipo da qui, e per l’omaggio non si potrebbe immaginare un luogo, un’interpretazione, un contesto migliore: Atene e il suo cuore, l’Odeon di Erode Attico. Dove l’emiciclo che stringe affetti innumerabili e cinquemila corpi, sulle gradinate bollenti di sole, ci precipita giù, verso quel centro dove risuona una Nona che è grido di inquietudine e di bellezza, di severità e di antiretorica. Inno alla forma: fuori classica e scolpita, dentro frammentata in continui interrogativi. Inno alla libertà, come nelle intenzioni originali. E come dimostra Riccardo Muti, che plasma sette orchestre diverse e due cori facendoli diventare uno. Fratelli, sì, “Brüder”, secondo il testo di Schiller, perché tesi a un comune ideale. Per costruire roccaforti di musica, come vuole il Ravenna Festival conia grammatica delle sue “Vie dell’amicizia”.
Inventive e originali, apparentemente senza una logica di terra, costruita a tavolino, e invece giocate sulla sensibilità dell’ascolto dei messaggi in arrivo dai venti. Per battaglie sempre incredibilmente vittoriose. Trovarsi nell’ombelico di una Europa tormentata (per caso giusto nel giorno delle votazioni, in Grecia) e segnare in gesto di risposta non stucchevoli parole vuote, bensì il monumento esemplare del repertorio sinfonico, la Nona, Nike vittoriosa, fa molto effetto. Quasi paura, nella geografia di un destino che si compie. Perché ventitré anni fa, quando nulla di ciò che succede oggi era ovviamente immaginabile, eravamo insieme a Sarajevo. E anche lì risuonava Beethoven, ma quello della Terza, l’Eroica, a aiutare i pugni stretti di un popolo martoriato dalla guerra.
Quasi un quarto di secolo dopo, il viaggio ad Atene partiva in apparenza con una cornice più distesa: le case qui non sono bombardate, non manca la luce, non si devono condividere camere d’albergo perché non ce ne sono abbastanza. Ad Atene non c’è il clima che tante parti del mondo stanno ancora vivendo. Come ha raccontato per una vita il fotografo greco Yannis Behrakis, morto nel marzo scorso, a cui la Fondazione Stavros Niarchos dedica una drammatica retrospettiva (nella biblioteca fantastica firmata da Renzo Piano, insieme a tutto il nuovo centro culturale, regalato dall’armatore alla città, teatro d’opera – stupendo – compreso).
Tuttavia, in questa città così dinamica, pulita, da copiare; eccitante per musei, iniziative culturali, mostre (imperdibile Picasso e l’arte cicladica) non dobbiamo dimenticare che solo cinque anni fa si era alla bancarotta. Con i cinquanta euro al massimo prelevabili dal bancomat. E le orchestre chiuse. Non lo dimentica il direttore della “ERT”, orchestra e coro della radiotelevisione di Stato greca, che nella serrata continuò clandestinamente a lavorare, con tenacia da novelli Ulisse, e finalmente poté essere riaperta. Non lo ha dimenticato chi allora doveva appendere gli strumenti a un chiodo. E nell’intervallo di una delle prove, nello splendido Megaron Mousikis (duemila posti, acustica perfetta, hanno ragione le classifiche, la Grecia ci ha superato) va a stringere le mani a Muti. Ringraziandolo perché allora lui aveva dato solidarietà a loro. E le mani restano strette a lungo, più a lungo delle parole. Restando una delle immagini stampate di questi viaggi. Come le mani ferite, che non potevano più suonare, della percussionista di Sarajevo.
Insieme ai musicisti della rinata “ERT”, ci sono altre cinque sorelle greche per la Nona all’Odeon: la Statale di Atene, di Salonicco, la Giovanile della Grecia, la Sinfonica della Capitale e la Filarmonica. Insieme al coro della città, raddoppiato dal nostro Costanzo Porta. Non immaginavamo un Paese anche musicalmente tanto vivace. Alcune di loro vantano un passato di grandi direttori, primo fra tutti Mitropoulos. E nei componenti mandati in rappresentanza per questo simbolica occasione presentano facce molto giovani. Tanto che è quasi impossibile distinguerli dai giovanissimi Cherubini, squadra prediletta del Maestro, in questa nuova tornata punteggiata di “Cherubinesse” di gran piglio (anche se c’è un primo contrabbasso, Giulio Andrea Marignetti, insuperabile). E tanto che Francesco Manara, storica spalla della Scala, uno dei primi scelti dal Maestro al suo arrivo, venuto qui in generosa solidarietà di timoniere, viene puntualmente raddoppiato dai guizzi di Valentina Benfenati.
Sono i fili ben distinguibili della Cherubini a dettare la trama di questa effimera, irreplicabile orchestra: suonano con disciplina e dedizione toccanti, quasi più dei predecessori, nei brevi quindici anni di vita dell’orchestra. Vale per tutti l’ottavino di Viola Brambilla, impeccabile nelle staffilate finali della Nona. Muti compatta i solisti (Mudryak, Boldyreva, Ganci, Stavinsky) con disciplina mentale, ma gesto mai visto tanto libero. Nell’appello finale rimarca fermo un’Europa che non può stare senza Grecia e Italia. Ma quando concerta spicca motti nascosti, sfumature nelle transizioni, colorando di oro le frasi più cantanti di Beethoven. Come riesce ai grandi, negli armi in cui volano, grandissimi.
Carla Moreni, Il Sole 24 Ore, 14 luglio 2019
Guarda le photogallery:
Prove al Megaron Concert Hall di Atene (8 luglio mattina):
Prove all’Odeon di Erode Attico (8 luglio pomeriggio):
Concerto (9 luglio):
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